Comunicazione efficace. 11° giorno: Parole Visive


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E' giunto il momento di imparare a distinguere le parole pronunciate dal nostro interlocutore e comprendere se queste si riferiscono a immagini, suoni o sensazioni. E' possibile che durante un discorso vengano pronunciate sia le une che le altre, ma per affinare la nostra abilità di ascoltatori inizieremo riconoscendo solo quelle che si riferiscono a immagini.

11° giorno


Oggi ascolta le parole visive che le persone dicono.

Per esempio: guardare, vedere, sembrare, chiaramente ecc…

Rilassati! Ascolta e saranno evidenti.


Cos’hai imparato oggi? Lascia un breve commento con le tue osservazioni su ciò che hai imparato dopo aver fatto l’esercizio. Lo ritroverai archiviato e disponibile per sempre.

Comunicazione efficace. 10° giorno: unisci il tutto.


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Ora è venuto il momento di unire ogni singola capacità di ascolto acquisita e applicarle tutte insieme. La pratica prende il nome di " Pappagallare" cioè ripetere esattamente ciò che il nostro interlocutore dice, usando il suo stesso ritmo, il suo stesso volume di voce e il suo stesso tono. si usano anche gli stessi identici temini; ovvero: Fantastico, non è uguale a meraviglioso e se il nostro interlocutore ha usato il termine fantastico dovremmo ripetere quello.
Non è elegante ricalcare mentre l'altra persona ancora parla...
E' necessario aspettare che finisca e poi metter insieme tutte le informazioni acquisite e ricordate.
10° giorno

Oggi metti tutto insieme.

Ricalca il ritmo, tono e volume della voce di qualcuno. Ricalcali sufficientemente, poi cambia la tua voce per sottolineare qualcosa.

Cambia alcune delle tue affermazioni in domande. Fai pratica di ascolto.

Fai la tua mossa. Agisci!


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Comunicazione efficace. 9° giorno: ascoltare il ritmo.


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Anche il ritmo delle parole è una componente importante per acquisire rapport ( sintonia ) e dunque, prima di poter ripetere il ritmo usato dal nostro interlocutore, è necessario ascoltarlo attentamente.
9° giorno

Oggi ascolta il ritmo delle parole utilizzato dalle persone e ricalcalo mentre parli con qualcuno.

Se qualcuno è molto agitato o nervoso, aiutalo a calmarsi prima ricalcando e poi guidando il ritmo.

Se qualcuno ha bisogno di accelerare un po’, incomincia lentamente per poi aumentare gradatamente.

Ogni giorno è un’avventura!


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Comunicazione efficace. 8° giorno: Volume di voce.


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8° giorno


Oggi presta attenzione al volume di voce delle persone e ricalcalo per entrare in rapport.

Quando sei sicuro che l’altra persona ha finito, poni la domanda e poi ascolta di nuovo

Cambia alcune delle tue affermazioni in domande. Fai pratica di ascolto.

Sii attento. Sii all’erta. Divertiti!


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Comunicazione efficace. 7° giorno: ricalca i toni.


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Il tono di voce con cui le persone parlano è indice del loro stato emotivo. La stessa cosa detta con tono diverso produce un significato totalmente differente.
Ricalcare il tono di voce con eleganza è una vera e propria arte.

7° giorno

Oggi ascolta i toni di voce che le persone usano e ricalcali per entrare in rapport. Ricorda: i tono associati alla rabbia o ad altri stati negativi manterranno lo stato negativo. Ricalca solo i toni di voce che portano velocemente ad altre scelte di stati. Oppure scegli qualcos’altro da ricalcare per guidarli lontano dalla rabbia.

Se un tono corrisponde a un “buono stato” continua a ricalcarlo mentre fai affari con quella persona.

Puoi ricalcare e guidare in un altro tono per dimostrare che devi concludere la conversazione, o che vuoi cambiare argomento…

Ascolta attentamente. Divertiti!


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Comunicazione efficace. 6° giorno: ricalco verbale.


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Come per i gesti,

anche le parole pronunciate dall'altra persona sono "oggetto" di ricalco, in grado di creare rapport. Le persone si sentono davvero comprese quando si ripete loro le stesse parole che hanno pronunciato poco prima. Naturalmente, anche questo tipo di ricalco, dovrà essere praticato con "eleganza" evitando fastidiosi e controproducenti echi di parole.


6° giorno

Oggi ricalca le informazioni verbali che qualcuno ti dà, ripetendole tre volte prima di guidare
Ricorda: Un giorno di divertimento è un giorno di divertimento, non un giorno entusiasmante. Una consegna accurata è una consegna accurata, non una consegna veloce.
Usa le parole descrittive che l’altra persona usa per descrivere le cose importanti per lei.

Sii paziente. Divertiti!



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Comunicazione efficace. 5° giorno: ricalco dei gesti.


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In questo quinto giorno di esercizi ci occuperemo soltanto di ricalcare ( copiare ) i gesti che le persone che parlano con noi fanno. Fare questo ci garantisce di averli osservati, oltre a consentirci di entrare in sintonia con loro tramite i movimenti.


5° giorno

Oggi ricalca i gesti che le persone fanno mentre ti spiegano qualcosa.

Ricalcali esattamente come li fanno.

I gesti comprendono le braccia, la testa e le espressioni.

Mentre ripeti le informazioni per assicurarti di aver capito, usa esattamente i gesti e le espressioni che hanno usato con te.

Calibra, guarda attentamente!


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Comunicazione efficace. 4° giorno: ricalco incrociato.


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Oggi applicheremo una variante del ricalco: Il ricalco incrociato. Uno dei modi più efficaci di ottenere sintonia tramite il ricalco incrociato è quello di seguire con leggeri movimenti della mano, la respirazione dell' altra persona.


4° giorno

Oggi ricalca in modo incrociato la comunicazione non verbale e nota i risultati.

Per esempio: se le braccia degli interlocutori sono incrociate, tu incrocia le gambe. Se battono un piede, tu ricalca battendo una penna.

Impara qualcosa di nuovo!

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Comunicazione efficace. 3° giorno: ricalco e guida.


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Dopo esserci esercitati a ricalcare la postura delle persone è venuto il momento di verificare se quando lo facciamo otteniamo quello per cui lo facciamo: la sintonia ( o rapport ).

Il miglior modo per accertarsene è "guidare" con un gesto o con un cambio di postura la persona che stavamo ricalcando. ( nella foto si può notare come la ragazza di sinistra si protende)

Se la persona ci segue, allora siamo stati bravi !


3° giorno

Oggi ricalca la postura degli interlocutori e poi controlla se sei in rapport, guidando con una postura o con un piccolo gesto. ( grattarsi o sistemarsi l’abito ); se non ti seguono ritorna a ricalcare più a lungo e meglio. Se seguono la tua guida, hai incominciato il processo!

Negli affari, puoi guidarli nel prossimo passo della tua vendita/presentazione/richiesta.

Nella vita personale, ora puoi proporre la tua idea o la tua specifica richiesta.

Sii creativo. agisci!
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Comunicazione efficace. 2° giorno: ricalcare.


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In PNL ricalcare significa " copiare",o meglio, "rispecchiare" alcune caratteristiche del comportamento della persona che osserviamo.


Il ricalco può essere fatto sulla postura, sulla respirazione, sui movimenti e altro ancora. Il ricalco serve a creare "rapport", ovvero, una sintonia inconscia tra te e la persona che osservi, anche se questa non ti stà, a sua volta, osservando.


2° giorno


Oggi ricalca la postura delle persone.
Sia da seduto che da in piedi, anche quando cammini, ricalca. Nota la tensione muscolare, l’angolazione, eccetera.
Ricorda di essere elegante. Ricalca le caratteristiche predominanti della postura


Sii flessibile. Divertiti!



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Comunicazione efficace. 1° giorno: ascoltare.


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Ciao,
non so se hai deciso di seguirmi ogni giorno, ma se approfitterai di questa opportunità per aumentare le tue abilità di comunicazione, allora farai con me un importante passo. Ti anticipo che durante il percorso imparerai ad ascoltare le informazioni che le persone ti danno e imparerai a utilizzarle per migliorare le tue relazioni personali.

Questo percorso è disegnato per integrare gli strumenti di comunicazione che si acquisiscono nei corsi di PNL.

Dedica pochi secondi al giorno per leggere l’esercizio e pochi minuti per eseguirlo in qualunque luogo tu incontri delle persone.

Il giorno seguente- se vuoi- lascia un commento in fondo all’articolo e riporta quello che hai imparato.

Bene! Stai per partire per un viaggio che ti porterà a conoscere lo strumento più potente che ci sia per raggiungere tutti i tuoi obiettivi.


1° giorno

Oggi ascolta e raccogli più informazioni possibili mentre ascolti. Limitati ad ascoltare prima di porre una domanda.

Quando sei sicuro che l’altra persona ha finito, poni la domanda e poi ascolta di nuovo

Cambia alcune delle tue affermazioni in domande. Fai pratica di ascolto.

Sii attento. Sii all’erta. Divertiti!



Cos’hai imparato oggi? Lascia un breve commento con le tue osservazioni su ciò che hai imparato dopo aver eseguito l'esercizio. Lo ritroverai archiviato e disponibile per sempre.

Comunicazione efficace con la PNL


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Talvolta, per produrre un desiderato cambiamento, si è anche disposti ad impiegare grandi quantità di energie e risorse personali. E Molto spesso per fare le cose giuste ci si affida con totale dedizione alle informazioni già disponibili nel settore in cui si desidera cambiare le cose.

Un buono slancio è sempre utile come lo è poter trovare, disponibile, il lavoro di chi “ci è già passato” e ha lasciato traccia della sua esperienza. Ma ciò che spesso si trascura quando si raccolgono forze e convinzioni per iniziare un processo di cambiamento è che questo dovrà avvenire all’interno di una già programmata quotidianità; e benché, come sappiamo in programmazione neurolinguistica, i cambiamenti avvengono rapidamente, sarà comunque necessario impegnarsi per apprendere ogni singola fase dell’intero complesso che costituisce quel cambiamento; per “farlo proprio” e godere dei benefici di quella conoscenza.
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Ma per questo ci vuole tempo. E’ sempre così! Se un autore trascrive in un libro di 300 pagine 10 anni della sua esperienza, riportando i risultati di ricerche ed esperimenti, poterne disporre consente sicuramente di ridurre il tempo di apprendimento di quelle stesse informazioni di almeno 10 volte; ciò significa che basterebbe un anno per raggiungere lo stesso livello di apprendimento di quella specifica esperienza.

La riduzione del tempo è notevole, ma stiamo comunque parlando di impegnarsi un anno per ottenere quello specifico risultato. E questo, con tutto quello che abbiamo da fare ogni giorno, è molto spesso il motivo per cui ci rassegniamo e abbandoniamo qualunque idea richieda troppo tempo.

Dunque rinunciamo sempre per il fattore “ci vuole troppo tempo” e non cambieremo mai niente se non ci concediamo di pensare che ogni progetto nella sua complessa integrità è costituito da piccole singole fasi che scomposte possono essere apprese con un irrisorio impegno quotidiano. Così che, allo scadere di quell’anno, ci si ritroverà ad aver totalmente acquisito la nuova abilità.
Io faccio così, e benché non sia facile neppure ritagliare poco tempo dalla propria quotidianità, considero sempre che sono io a voler produrre il cambiamento…e che, dunque, lo faccio per me.

Questo articolo è l’introduzione al percorso che ho intenzione di intraprendere insieme a chi segue il Blog… al fine di acquisire una delle più utili capacità del nostro tempo: l’abilità di comunicare efficacemente.
Tratterò l’argomento dal punto di vista della Programmazione Neurolinguistica, dedicando ogni giorno ad una singola fase.

Faremo riferimento al lavoro di John La Valle & Kathleen La Valle : Precision Comunication. Disporremo, quindi, di 60 semplici esercizi da eseguire: uno al giorno per 60 giorni. Al termine dei quali avremo acquisito la capacità di comunicare efficacemente.

Seguimi !

Come e quando il gratis funziona!


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Ciao,

ho pensato di rendere disponibile, per tutti i lettori del blog, la trascrizione integrale dell’intervento che ho tenuto a Roma il 20 settembre 2008. Spero che il contenuto di questo articolo ti torni utile proprio oggi, mentre sarai intento a regalare qualcosa a qualcuno…

Mi sono reso conto che regalare qualcosa, mantenendone il valore, è più difficile che venderla... per lo stesso valore. Ma è anche vero che, talvolta, regalare le proprie competenze può risultare più conveniente che venderle direttamente.

Ho un’esperienza personale a sostegno di questa seconda verità; infatti , dopo la distribuzione gratuita del Report “ La libertà di Raimondo”, ho ricevuto richiesta di consulenza da parte di più di 20 persone, e posso tranquillamente supporre che potrei ottenere molto di più da questi contatti che dal ricavato di quel libro, se lo avessi venduto.

Dunque c’è un modo in cui il gratis funziona!…e per descriverti in maniera semplice la prospettiva da cui ho osservato il “come e quando funziona”, ho suddiviso l’argomento in tre punti importanti.

1- Il merito: capire a chi regalare..
2- La congruenza: sapere come regalare.
3- L’appagamento: il vero motivo per cui si regala.

C’è un momento, quindi, in cui uno dovrebbe regalare le proprie competenze…e il perché sarà comprensibile dopo aver chiarito i tre pilastri che lo rendono conveniente.

1-Capire a chi regalare ( il merito )

E’ conveniente regalare le proprie competenze solo se il destinatario è qualcuno che si merita il regalo che sta per ricevere.

Non centra se ha fatto qualcosa di buono in un altro momento, ma, piuttosto, centra quanto ti sta dimostrando– in tempo reale – di apprezzare ciò che stai per donargli.

Un esempio concreto, riguarda la conversazione tra me e Viviana Grunert –direttore della Bruno Editore – quando, al telefono, gli raccontavo dell’eccezionale risultato che io e Raimondo avevamo ottenuto con quest’insolito esperimento.
Sai qual è stata la sua risposta? Più o meno questa: “Davvero straordinario quello che avete fatto e quello che ne vuoi fare; impaginalo per bene… poi al resto ci penso io.”

Certo! Avevo già accennato le mie intenzioni di renderlo disponibile gratuitamente, ma ero ancora in tempo a ritirarmi se avessi ricevuto una di quelle solite risposte tipo: “ah! be ! Ok ! Ma sai, è da vedere …”perché questo sarebbe stato proprio il caso in cui conviene ritrattare, dato che si tratta delle proprie competenze e che, se date in regalo in questi termini, risulterebbero indubbiamente svalutate.

Quindi regala solo se il ricevente- secondo te- si merita di riceverlo. E la tua attenzione su questa “condizione tassativa” ti consentirà di cogliere una vera occasione - per te – di regalare.


2-Sapere come regalare ( La congruenza )

Come accade in tutte le comunicazioni efficaci, è indispensabile che ci sia congruenza tra ciò che si pensa di ciò che si regala e il modo in cui lo si propone, affinché il valore percepito da chi lo riceve sia all’altezza di quello che tu stesso gli attribuisci.

ti è mai capitato di ricevere un regalo da qualcuno che t ha detto: “ se vuoi prendilo pure…tanto se no lo butto!”. Potrebbe trattarsi anche di qualcosa di gran valore per te; rimane il fatto che non sarai mai tanto riconoscente verso quella persona, dato che ti ha detto che per lui – quella cosa - ha lo stesso valore di ciò che si butta.

Se regali qualcosa dicendo che “tanto non ci fate niente”…e magari non è vero, non perdere tempo ad aspettare la sincera riconoscenza che meriteresti. E tanto meno pretendila.

Un giorno ho deciso di regalare ad un amico la “mia” giubba originale della squadra di baseball degli Yankee.
Dato che le sue insistenze mi avevano garantito che l’avrebbe apprezzata molto, quando gliel’ho consegnata gli ho detto: “te la regalo proprio perché ci tengo moltissimo”… e non ho aggiunto altro.
Dopo 3 anni, se per caso ci torna in mente quell’occasione, ancora mi sorride e mi abbraccia.

E questo converte ancora oggi quel regalo in felicità per entrambi… e ancora oggi mi procura i vantaggi di avergliela regalata.

3-Qual è il vero motivo per cui si regala ( appagamento )


Quando siei convintoche ciò che vuoi regalare andrà in mano a chi lo sa apprezzare, e lo stai facendo con la tua più totale congruenza, allora stai anche appagando il tuo vantaggio secondario, contenuto in questo altruistico gesto.

Ciò che ho appena detto è anche uno dei presupposti su cui si basa la Programmazione Neuro Linguistica: “Ogni uomo compie sempre la miglior scelta per lui disponibile in quel momento”. E questo vale anche quando si prende la decisione di regalare qualcosa.

Quando siamo in procinto di regalare qualcosa, in testa abbiamo ben rappresentato ( talvolta inconsciamente ) il motivo per cui riteniamo conveniente farlo…altrimenti non lo faremmo.

In definitiva, questa struttura - in tre punti-, neurologicamente parlando, rispetta ed appaga la nostra ecologia interiore: quella che sostiene i vantaggi che ognuno di noi a modo suo vede/sente o percepisce nel gesto di regalare.
Di fatto, dunque, solo quando questi tre elementi si combinano nell’intenzione di regalare, regalare diventa l’investimento più redditizio che si possa compiere.

Ora, è anche comprensibile che se solo uno di questi elementi non sarà ben integrato… il “gratis” non funzionerà!

Il gratis, dunque, funziona e può anche essere più redditizio del venduto; ma per funzionare deve essere sostenuto dai tre pilastri della sua convenienza.

Con questo, ecco svelato il perché – talvolta - “ regalare conviene “

Per vedere il video dell’intervento, ecco il link:
http://www.clubautoriitaliani.net/index.php?method=section&action=zoom&id=115

Usare il cervello per il proprio piacere. ( parte finale )

Nella prima parte di questo articolo ho parlato di come, attraverso la corretta impostazione di un obiettivo e un salto mentale nel futuro, sia possibile stimolare il proprio cervello e attivarlo per la ricerca delle risorse che consentono di fare ciò che ci piace.

E se nella prima parte abbiamo compiuto azioni esterne come impostare correttamente un obiettivo per ottenere un processo mentale in grado di farci fare ciò che ci piace, nella seconda lasceremo tutto quel che ci coinvolge così com’è, sfruttando altre capacità della mente e cambiare la percezione che abbiamo di quello che c’è… per farcelo piacere.

Vi ricordo che è più facile cambiare le cose esternamente che internamente, ma se per un’infinità di ragioni ritenete di essere “incatenati” in una realtà che non vi piace, e di cui non potete fare a meno perché…(dovreste dirmelo voi ), allora c’è l’altra soluzione: Farsi piacere ciò che si fa.

Avete sentito dire che c’è sempre un lato positivo in ogni problema?Sì ! tutto ciò che chiamiamo problema non ci pare mai un granché solo perché lo abbiamo archiviato nel nostro cervello nel reparto delle cose che ci procurano una sensazione sgradevole; ma vi assicuro che per ogni problema c’è sempre una prospettiva da cui guardarlo per trasformarlo in “opportunità”.

Non è detto che un’esperienza considerata un problema, una volta archiviata in un posto, sia destinata a rimanere lì per sempre.
Le tecniche di PNL insegnano come si possa cambiare (ristrutturare) un pensiero e renderlo diverso da come è stato acquisito la prima volta. Ma questo presuppone che conosciate questa neuroscienza oppure che ci sia un “programmatore” lì con voi per farvelo fare.

Di sicuro sarebbe il metodo migliore; ma dato che so che c’è sempre un altro modo per ottenere un risultato… tenterò di proporvi un’alternativa.
Vorreste in un sol colpo “ristrutturare” tutte le convinzioni che avete sul fatto di esser stati qualche volta sfortunati?

Bene! Prendete il ricordo più recente e PIU’ BELLO che vi viene in mente, riferito a ciò che oggi avete.Non una cosa “ Così così”…, ma quella COSA GRANDE COSI’ !!!!!Assicuratevi che l’emozione scaturita dal pensare a quella cosa vi abbia aumentato i battiti cardiaci e prodotto un intenso piacere.

Adesso, pensate a quante coincidenze sono servite per ottenerla…E ora, pensate quant’è vero che fan parte di quelle coincidenze anche i contrattempi e le sfighe che vi sono capitate… senza le quali - di sicuro - qualcosa sarebbe andato diversamente e sicuramente non avreste proprio questa BELLA COSA GRANDE COSI !

Mentre scrivevo io pensavo a mio figlio nato da poco più di 20 giorni… e mi è bastato questo pensiero per ristrutturare in modo meraviglioso tutto quello che nel mio passato c’è stato e che consideravo negativo; poiché senza tutto quello che c’è stato ci sarebbe il rischio che lui- proprio lui – oggi non ci sia.

Basta poco a cambiare la storia vero?
Tony Robbins dice: “Non è mai troppo tardi per aver avuto un’infanzia felice”. E si riferisce proprio a quello che ho appena detto quì.
Prendete per esempio il caso di un mio conoscente che ha avuto un incidente con la sua- amata- vespa nuova. Era talmente arrabbiato al punto da maledire con tutti i vocaboli che conosceva la ragazza che gli tagliò la strada. La stessa ragazza che poi sposò e oggi è madre dei suoi – amati – figli. Una ragazza che viveva altrove e che se non fosse stato per quell’incidente –forse – non avrebbe mai conosciuto.

Se ripensate adesso al vostro “incastro” e se ripensate alla risposta che- sopra- avete trovato sul perché non potete cambiare, allora avete in mano alcuni lati positivi da considerare e su cui far leva per ristrutturare i vostri pensieri. Dovrebbe bastare a farvi apprezzare di più ciò che state facendo.Le cose attorno a voi non cambieranno, ma cambierà la sensazione che voi provate pensando a quelle cose… e vi assicuro che un eventuale desiderio di cambiare ciò che vi circonda è sempre mosso dall’idea di ricavare questa stessa sensazione.

In conclusione, ora sapete come si possono sfruttare le due opportunità per ottenere sempre lo stesso scopo: l’incontro con il piacere.Qui è davvero valida la massima (rivista e adattata) che se la montagna non và a Maometto, Maometto può sempre andare alla montagna; e il risultato sarà sempre l’incontro tra i due.Ora, sai come è possibile usare il cervello per ottenere il piacere.

Scegli ciò che preferisci tra fare ciò che ti piace o farti piacere ciò che fai…non sarà questo l’importante!Ciò che conta è che in entrambi i modi puoi trovare il piacere…e credo che sia proprio quello che tu vuoi.

Usare il cervello per il proprio piacere. ( prima parte )

Credici…puoi sempre fare ciò che ti piace, o farti piacere ciò che fai!
Adoro questa citazione! Perché nonostante si rimanga spesso scettici sulle proprie possibilità di seguire un’indicazione del genere la prima cosa che sì fa, leggendola o sentendoselo dire, è tirare un sospiro di sollievo.
Eeeeeeehhh, magari fosse vero!… dicono quelli a cui la “ racconto”.

Niente di nuovo in questo! Descritto molto complicatamente viene fuori così: la frase contiene- ripetuto più volte – l’ invito ad un’azione concreta da compiere ( fare-farti-fai ) che crea resistenza, ma che però è rivolto all’indirizzo che tutti desiderano raggiungere (ciò che piace, piacere) e che inevitabilmente produce il “sospirone”.

Questo mix crea una sorta di conflitto interiore tra due ( ipotetiche) parti in cui una parte vuole, sicuramente, raggiungere ciò che considera piacevole, mentre l’altra non vorrebbe compiere azioni diverse da quelle che già compie.
E chi vince il conflitto? Vince sempre il più forte.
La resistenza ? No! Vince il contenuto del dialogo (o immagine )interiore.

Già! Perché non è scontato che vinca la resistenza all’azione, soprattutto quando si conoscono alcuni concetti che aiutano nella lotta contro le convinzioni limitanti che sostengono i principi della resistenza.

Cosa c’è da sapere per far sì che sia vero che si può fare ciò che si vuole o farsi piacere ciò che si fa?
C’è da sapere, intanto, che la prima parte ( fare ciò che piace ) è molto più semplice della seconda… ma non solo.

Voler fare ciò che piace presuppone un progetto ( obiettivo) ben formulato, e molto spesso chi “ si deve arrendere” nel conflitto interiore sopra citato è colui che, sentendosi soffrire, si pone come obiettivo di non soffrire più…motivo per cui soffre e continuerà a soffrire. Ciò che serve invece, é pensare a ciò che di sicuro ci sarebbe nella propria vita ( oggettivamente) quando ci si riterrà felici. Si tratta di un “mentale viaggetto nel futuro” per vedersi realizzato e in possesso delle cose, materialmente raggiungibili, che si è convinti garantiscono la propria felicità.

Tutti sappiamo immaginarci felici con…( ecco! Aggiungete qui quello che vorreste… e sentite se davvero si produce in voi quella felicità che sapreste riconoscere tale )


Per organizzare il proprio corpo ad agire alla volta di ciò che piace, dunque, è necessario impostare un obiettivo ben formulato. Cioè stabilire ciò che si vuole accertandosi che sia: espresso in positivo, misurabile, orientato sulla propria responsabilità e non su gli altri; che mantenga i vantaggi del presente ed infine sia ecologico (ovvero rispetti gli equilibri attualmente presenti nella propria identità ).
Per non fare un trattato sulla corretta formulazione di un obiettivo…dato che non è il mio obiettivo in questo articolo vi rimando ai testi, o ai video sugli obiettivi -se non sono già finiti- di Giacomo Bruno.

A questo punto, dopo aver impostato l’obiettivo e aver fatto un saltino nel futuro,
ecco che, tornando allo stato attuale, si percepirà uno stimolo irresistibile per effetto del bel premio che vi attende al raggiungimento di quel traguardo.
Questo “giochino” serve a farvi percepire in anticipo l’emozione premio per aver raggiunto l’obiettivo e a focalizzare la vostra attenzione sulle cose da fare da adesso ad allora, distogliendovi dall’ immaginare le difficoltà che si incontreranno… che a questo punto del percorso servono solo a farvi rinunciare.

In sintesi, per poter fare veramente ciò che piacerebbe fare, bisogna impostare un buon obiettivo, fare un saltino nel futuro per vederlo realizzato, tornare al presente e guardare concretamente – con quel buon motivo per farlo – all’azione da compiere “subito”. In modo tale che il cervello possa attingere e semmai produrre tutte le risorse di cui è in grado di disporre per guidarvi ( facendovi agire fisicamente) verso la concreta realizzazione di ciò che vi piacerebbe.

Questo è –in parte - il principio della legge di attrazione: Se penserai all’obiettivo in modo da ritenerlo concreto e raggiungibile, sarà esattamente quello che accadrà.

Fai questo: credici anche se non sai come questo possa avvenire!
Ecco un’utile metafora: considera il tuo cervello come un tassista che può condurti all’indirizzo da te desiderato…anche se tu non conosci la strada, perché il tuo cervello ti condurrà sempre all’indirizzo dei tuoi pensieri…anche se tu non conosci la strada.

Fine prima parte…

Lo stato SDV:Il Senso Della Vita


Lo stato SDV è lo stato emozionale in cui tutti cercano costantemente di vivere: qualunque sia il percorso di vita che hanno scelto o la condizione in cui ritengono di dover vivere.

L’SDV è quella condizione in cui si percepisce il proprio senso della vita…
Ed è la condizione in cui si ottiene la risposta alla domanda: <<>>.

Una domanda così ( impostata sul “perché”), ha una sola possibilità, su sei miliardi e mezzo, di essere quella giusta ed accettabile per tutti gli uomini del pianeta.

Il libro “ Lo stato SDV “ è la dimostrazione pratica, a sostegno dello stato SDV, dell' unica condizione in grado di rispondere a quella domanda.
Con questo, la ricerca sul senso della vita può davvero considerarsi conclusa; e il tempo che ognuno di noi ha finora impiegato per trovarlo potrà essere serenamente dedicato ad altre scoperte.

Nota: Se siete persone che non si sono mai poste questa domanda ( <<>>), non avete alcun bisogno di leggere e capire il contenuto di questo libro; proprio perché state già vivendo considerazione il suo contenuto.

Ma alle persone che sono ancora alla ricerca di una risposta… consigliatelo! Ve ne saranno grati!

E' disponibile già dal 10 giugno 2008. Giorno in cui tutti hanno avuto la possibilità di leggerlo per la prima volta.

Una bussola per orientarsi nella vita


Messaggio promozionale per il mio libro.

Se per strada qualcuno ti chiedesse a bruciapelo: Tu, perché fai quel che fai ?
La cosa più naturale che potrebbe accaderti è di ritrovarti su una panchina a pensare, e renderti conto, oltre che non è facile rispondere..., che si sta facendo tardi.

Questo non capita a tutti… ma solo a quelli che finora hanno viaggiato senza aver stabilito una meta, e soprattutto senza avere la benché minima idea di quali siano gli strumenti necessari per intraprendere l’importantissimo viaggio della vita.
Sto forse dicendo che esiste uno strumento che consente di orientarsi nei meandri della vita e che consente di non perdersi di fronte a delle semplici domande?

Esattamente! E come le tradizionali bussole per un marinaio in mezzo al mare o per un beduino in mezzo al deserto, consente di avere la certezza che la strada che stai percorrendo è esattamente quella che ti porterà dove tu vuoi arrivare.

E’ una Bussola! LA BUSSOLA DI ROLY.

Quando capita di avere la sensazione di essersi persi, non lo si è davvero! Quello che succede è di non riuscire più a vedere il riferimento che tutti abbiamo e di cui tutti abbiamo bisogno per capire se stà andando tutto bene.
Ecco a cosa serve poter visualizzare in testa questo strumento di orientamento.
E' uno strumento semplice, comprensibile nelle sue funzioni, attraverso le semplici istruzioni riportate nel libro "La Bussola Di Roly": istruzioni utili a personalizzarla e farla funzionare per organizzare interamente le idee della vostra vita.

Smettetela di perdervi !

Allenatore Generico o Specialista?

Mental trainer, coach sportivo, programmazione neuro linguistica, mentale,

Se la pensate come me, siete sicuramente persone che si rivolgono agli specialisti quando devono curare una parte dolorante del proprio corpo.
Prendiamo l’esempio delle emicranie. A chi vi rivolgereste per curare il vostro mal di testa? Preferite rivolgervi a un medico generico o a un neurologo specialista delle emicranie?
Non ho dubbi sulla risposta…ne sull’attinenza con l’argomento che desidero trattare.

Sappiamo tutti che i migliori, in ogni settore, sono coloro che si specializzano solo in un ramo di quel settore. Questo vale anche per i molteplici settori che compongono una disciplina sportiva come il Calcio; e nello specifico riguarda anche tutti i settori racchiusi nel difficile ruolo di un allenatore.
Ma il ruolo specifico di un allenatore, oggi, qual’è?
Ricordo che ai miei tempi l’allenatore si doveva occupare, oltre che di allenare tutta la squadra ( portieri compresi), delle fasciature per le caviglie, dei massaggi e perfino dell’alimentazione: “Sabato sera, mangiate una bistecca!”, ci diceva.
Ma erano altri tempi, e grazie ai progressi che sono avvenuti nelle società sportive, e nelle tecniche di allenamento, sono stati possibili i miglioramenti che tutti possiamo constatare.
“Grazie al cielo!”, aggiungo…perché con lo stesso metodo di ieri, oggi, non si vincerebbe più neppure un torneo dei bar.
Oggi, oltre al Mister, in una squadra professionista c’è un preparatore per portieri, un fisioterapista, un massaggiatore e, quando la società se lo può permettere, anche un nutrizionista .

Dunque, qual’è il ruolo di un allenatore oggi ?
Quest’estate, Mimmo Di Carlo (allenatore del Chievo Verona) mi ha spiegato alcune cose sugli impegni di un allenatore all’interno di un Club; che riassumo così: relazionare con i dirigenti della società, allenare tecnicamente i giocatori, preparare tatticamente gli incontri, comunicare con la stampa e, perfino, curare il rapporto con i tifosi.

E l’aspetto mentale della squadra? Gli chiedo. “ Già, anche quello!”, Risponde.
“Praticamente”, dice Mimmo, “bisogna interpretare al meglio diversi ruoli e per ognuno di questi bisognerebbe essere grandi esperti”.

Se sommiamo tutti questi compiti possiamo farci un’idea ben chiara di che mole di lavoro si sta parlando; e possiamo considerare quante capacità vengono richieste ad un allenatore oggi.

Ma la mia domanda è: Come può una sola persona essere uno specialista in tecnica, tattica, fisica, mente…e in tutti gli aspetti che si considerano inclusi nel ruolo di un allenatore?

Credo sia logico pensare che, più uno è specializzato in qualcosa e meno ne conosce altre.
Conosco un ristoratore, ad esempio, che non sa cucinare; e nemmeno- giustamente- vuol dedicare il suo tempo ad impararlo… proprio per non sottrarre tempo agli studi sulle “strategie di ristorazione”, che lo appassionano e lo rendono il più bravo nel suo settore.

Dunque - secondo voi - che probabilità ci sono che la massima abilità di un tecnico, la massima abilità di un preparatore fisico, e la massima abilità di uno mental trainer siano racchiuse tutte in un’unica persona? Nessuna!.

Infatti, quello che si può pretendere da un allenatore che si deve occupare contemporaneamente di tutte queste cose è una mediocre conoscenza di ognuna delle parti che compongono l’intera disciplina sportiva…ma non di più; dato che, come abbiamo capito, è impossibile eccellere in tutto.
Anche se il più delle volte la pretesa và ben oltre!

Dico questo in difesa di tutti gli allenatori che molto spesso vengono “rimproverati” e talvolta esonerati con l’accusa di non saper gestire l’aspetto mentale della squadra, come – ad esempio- tenere alta la concentrazione dei giocatori .

Chi sa come si può mantenere alta la concentrazione dei giocatori sa anche che non si può pretendere questa abilità - che si acquisisce in una vita di studi e pratiche - a uno che la propria vita l’ha dedicata ad apprendere tecnica e tattica di gioco. Sarebbe come pretendere un intervento al cervello ad un chirurgo estetico e poi esonerarlo (radiarlo) perché non lo sa fare.

Un ottimo allenatore è tale perché ha dedicato la vita all’apprendimento della tecnica e della tattica di gioco, e spesso gli ci vuole altrettanto per imparare a trasmetterla ai propri giocatori…dunque è logico ritenere fuori luogo la pretesa di “competenze ai massimi livelli”, anche negli altri settori.

Ritenere “incapace” chi non si è mai dichiarato specializzato in un settore… è giusto! Ma non è giusto pretendergli cose che non ha “oggettivamente” avuto la possibilità di approfondire. Soprattutto se si parla di settori complessi quanto quelli della mente umana.

Capita l’opposto a me. Spesso mi viene chiesto se conosco strategie di gioco e tecniche di allenamento…No! Non le conosco e non potrò mai conoscerle, come le conosce un allenatore, finché dedico tutto il mio tempo allo studio delle potenzialità della mente. E perciò avrò sempre bisogno di affiancare il mio lavoro a quello di chi conosce benissimo tecnica e tattiche… per ottenere il meglio dalla prestazione dei giocatori.

In quanto sportivi siamo tutti alla ricerca del massimo delle prestazioni e per ottenere il massimo bisogna semplicemente suddividere la disciplina sportiva nei settori che la compongono e affidare ogni sezione alla cura dei migliori esperti di quella sezione.
Solo così si può ottenere di più!
Costa anche molto meno del prezzo attuale delle sconfitte.

Cosa chiedere a un mental trainer?

Ciò che molto spesso “ frena” le persone dal rivolgersi ad un mental trainer è il voler mantenere la riservatezza sui “fatti propri”… per un’infinità di buone ragioni.

“OTTIMO!”, dico io, quando qualcuno si presenta e mi fa capire di avere il timore di dover raccontare “troppe cose”: “…così risparmiamo un sacco di tempo e soprattutto si evita di rivivere inutilmente le esperienze negative già trascorse.
Ritengo che se c’è qualcosa che fa star male, le volte che per questo si è sofferto sono più che sufficienti! Non serve a niente riviverle.
Quindi:” dedichiamoci subito a ciò che vuoi ottenere!”, dico.

Questo tipo di approccio, di solito lascia le persone perplesse; soprattutto perché tutti ritengono logico e indispensabile dover - per forza - risalire all’origine di un problema per poterlo risolvere. Non è così! Non è affatto necessario risalire alle origini del male per poterlo curare.
Dedicare tempo a scoprire le cause di un disagio non fornisce nessuna informazione utile, allo scopo di migliorare la propria, condizione.
Sembra strano vero?

Pensateci un’attimo: quando si fora la gomma di un auto, capire nel dettaglio il perché si sia forata non fornisce mai alcuna indicazione utile su come la si possa riparare.
E non vi risparmia di certo dal rivolgervi al gommista.
Dunque, quando succede, è più importante sapere come si può riparare o come raggiungere il gommista più vicino piuttosto che capire il perché si sia forata.

In conversazione con un mental trainer, non è affatto rilevante raccontare la causa della propria difficoltà ( troppo spesso ipotetica e inconscia ). Noi, non ci occupiamo del perchè c’è una difficoltà…; ci occupiamo del come si supera quella stessa difficoltà.E cominciamo sempre da lì.

Infatti, la novità, nell’ ambito del coaching, in cui vengono applicati i principi della Programmazione Neuro Linguistica, è che per ottenere i risultati non è affatto necessario entrare in merito ai contenuti dell’esperienza vissuta. La PNL ci insegna ad occuparci della struttura dell’esperienza… che è quella che contiene gli elementi utili alla soluzione.

Mi rendo conto della complessità di questi concetti, ma ritengo necessario parlarne in questo articolo proprio per “sradicare” le convinzioni più comuni; quelle che solitamente creano resistenze e sollevano le più comuni obiezioni. Obiezioni che impegnano energie, costano denaro e ritardano l’incontro con la soluzione.

Ritengo sia utile, per tutti, sapere che la prima cosa che noi mental trainer chiediamo è: “che cosa vuoi ottenere?”. Perché è per noi indispensabile sapere dove si vuole arrivare; per consentirci di organizzare le risorse di quella persona, alla volta del raggiungimento del suo stesso obiettivo.
Capita spesso che, fatta la domanda, si ottengono risposte del tipo: “ non voglio che mi succeda più questa cosa…”. E in questi casi siamo costretti a rifare la domanda e trasformarla in: OK! E che cosa vuoi ti succeda?

La differenza tra una risposta inutile e una utile sta proprio nella chiarezza del proprio obiettivo. È più preciso e concreto dire “ voglio giocare nella Roma”, piuttosto che dire “ non voglio più giocare qui”.
Con chi dice “voglio giocare nella Roma” possiamo iniziare subito a cercare, tra le sue risorse, le qualità che gli consentiranno di raggiungere l’obiettivo; con l’altro dovremo prima capire verso quale obiettivo indirizzare le risorse che ha, prima di poterlo aiutare ad ottenere ciò che veramente vuole.

La nostra presunzione è che siamo in grado di mostrare le soluzioni e riusciamo ad accompagnare le persone verso l’obiettivo che desiderano raggiungere. Ma per prima cosa dobbiamo stabilire, con loro, qual è l’obiettivo da ottenere.

Sembrerà strano ma la stragrande maggioranza delle persone che viene da noi e dichiara di avere un problema, non si è ancora fatta una chiara idea di cosa vorrebbero al posto di quel problema.
Non avere il problema ?… non è un obiettivo ben formulato; e non stimola il cervello alla ricerca delle risposte che solitamente vengono prodotte quando si ha una chiara visione della destinazione da raggiungere.

Bene! Ora, sappiamo che il primo passo da fare, per ottenere qualunque cosa, è capire quello che si vuole…formulando bene l’obiettivo. Per dirlo tecnicamente, si tratta di “formulare l’obiettivo in positivo”e ciò significa: chiarire che cosa si vuole, piuttosto che esprimersi per ciò che non si vuole.

Senza un obiettivo espresso in positivo non si ottiene nulla proprio perché non si sta cercando nulla.

Migliorare la Visualizzazione

Un centravanti ed un portiere devono avere una caratteristica in comune: Una buona capacità di visualizzazione.
Entrambi, infatti giocano per quasi tutto il tempo con le spalle voltate al loro obiettivo. L’obiettivo di un centravanti è centrare la porta che sta alle sue spalle…mentre sta ricevendo un lancio; l’obiettivo di un portiere è coprire la propria porta, che sta alle sue spalle mentre l’avversario avanza o tira. Entrambi dunque devono riuscire a vedere la porta alle loro spalle con gli occhi della mente ( visualizzazione) in modo che, riferendosi con ciò che vedono, possano coordinare il proprio fisico ad un’appropriata azione.

Spesso le ottime capacità di un portiere e di un centravanti vengono vanificate proprio da un’inappropriata visualizzazione. Prendiamo per esempio le volte in cui l’attaccante riceve un lancio al limite dell’area: lo sguardo –dopo una rapidissima perlustrazione – si fissa sulla traiettoria della palla che sopraggiunge. L’attaccante dovrà, mentre la palla arriva, immaginare la posizione del difensore e i suoi spostamenti. Tutto quello che l’attaccante immagina avvenire alle sue spalle non si può dire “reale” perché il difensore potrebbe trovarsi ancora molto lontano, oppure essere già arrivato lì ma, nonostante l’immaginaria visione, quel che conta è se ciò che l’attaccante pensa è utile o no ad attingere alla sua abilità di girarsi e tirare.

Io, quando giocavo, avevo il problema di sentirmi sempre il “fiato sul collo” e benché talvolta avessi tutto il tempo e lo spazio per scegliere l’esecuzione migliore, mi ritrovavo sempre a fare tutto di fretta e sbagliare un gran numero di palloni.
Quello di cui avevo bisogno era proprio un modo per immaginare che tra me e il difensore ci fosse sempre abbastanza spazio per eseguire al meglio quello che sapevo fare. Oggi so che se quello che avviene alle mie spalle non è “ reale” allora posso immaginarlo come meglio mi conviene per agire e ridurre al minimo la possibilità di sbagliare.

Attenzione! Non sto dicendo che più spazio si immagina meglio si agisce. Sto dicendo che per me sarebbe stato meglio immaginare quello. Ciò significa che per qualcun altro ( prendi quelli che non la passano mai o che se la lasciano spesso “soffiare” dai piedi) potrebbe esser meglio immaginarsi più “pressati”.
L’obiettivo e sempre quello di ridurre al minimo gli errori che si commettono con il vecchio atteggiamento e per questo è necessario testare quale visualizzazione produce la resa desiderata.
Siamo soggettivi, ed ognuno ha bisogno del suo schema per rendere al massimo…non quello di un altro.

Il problema di un mio amico portiere era che lui, talvolta, si sentiva “piccolo tra i pali”; e questa sensazione produceva in lui uno spreco di energie nello slancio. Spesso raccoglieva palle che sarebbero finite fuori e talvolta non reagiva affatto convinto di non poter arrivare fin là dove la palla si sarebbe insaccata. Nel suo caso immaginarsi più grande avrebbe prodotto risultati migliori.

Ma come può uno che si immagina piccolo, immaginarsi più grande?
Provate a farlo da soli: chiudete gli occhi e createvi per un momento l’immagine di voi alti il doppio della porta nella stanza in cui vi trovate ora. Non mi meraviglierei se tenendo gli occhi chiusi – con qualcuno che vi accompagna per mano - vi venisse da abbassare la testa per passarci sotto.
Quando gli occhi non vedono, quello che si vede è prodotto dalla mente e ciò che la mente vede può essere modificato a piacimento.

Ora è lecita questa domanda: “ Ma come si cambia dall’una all’altra modalità nei momenti critici?
Beh! Per questo serve il nostro intervento. Perché è necessario capire, nella persona che vuol cambiare, come è riuscita a produrre la sensazione di “ essere piccola”; in modo da potergli convertire quella sensazione con quella di “ essere grande”.
Sono pratiche che consentono di ottimizzare e sviluppare le proprie risorse; e dato che il nostro corpo è coordinato dalla mente, solo quando la mente invia un messaggio di maggiore possibilità…il corpo farà più di quello che si pensava potesse fare.

Motivare un giocatore

Ti sarà di certo capitato di voler motivare qualcuno, e se, ripensandoci, riesci a ricordarti che cosa gli hai detto e come lo hai detto, ora hai la possibilità di scoprire qual è il “tuo” modo di motivarti.

Infatti, quello che riscontro maggiormente in chi incita all’azione è che questo lo fa usando il proprio schema di motivazione, ignorando completamente quale sia quello della persona che vuole motivare.
Non siamo tutti uguali, anzi: siamo tutti dannatamente unici. E questo significa che anche nel motivarci usiamo un processo tutto nostro, senza il quale non andremo da nessuna parte.
Ma come si fa a sapere come si motiva qualcuno come – ad esempio – Del Piero?

Noi Mental Trainer facciamo una cosa molto semplice…
lo chiediamo a lui!
Esattamente!
Basta chiedergli: “Alex,
ti ricordi una volta in cui ti sei sentito davvero motivato ?”
Chi, almeno una volta nella vita, non ha avuto un’esperienza del genere e se la ricorda!
Ed ecco che puntualmente arriva una risposta sotto forma di racconto: “ Siii! Mi ricordo un giorno che…bla bla bla.

Ed è da questo punto in poi, quando sta per darci la risposta, che noi mental trainer facciamo qualcosa di straordinariamente raro negli uomini: ASCOLTIAMO tutta la risposta !
Gia! Perché all’interno della risposta ci sono tutti gli elementi della sua formula di motivazione. Proprio quelli di cui abbiamo bisogno noi –in seguito - per motivarlo.
Vi sembra troppo semplice?…e lo è, almeno fino a qui !

Ma se controlliamo quello che avviene nella stragrande maggioranza dei casi in cui una persona tenta di motivare un’altro, ecco che riscontriamo l’assenza di una domanda diretta e soprattutto assenza di ascolto delle risposte.
Non bisogna essere mental trainer per fare le domande giuste ed ascoltare le risposte. Molte persone lo fanno già spontaneamente.
E gli altri possono sempre imparare a farlo.
Io personalmente non lo facevo fino a che non ho capito l’importanza di parlare alla gente come la gente vuole che io gli parli; ottenendo così - molto prima - la loro comprensione.
Ho anche capito che quando parlo desidero sempre che chi ho davanti mi ascolti e soprattutto capisca ciò che dico. E voi?

Prima volevo – per forza – parlargli come mi veniva, per poi, il più delle volte, considerare la persona “cocciuta” se non mi capiva. Così, volevo ascolto e non lo avevo volevo essere capito e non lo ottenevo
Perciò, ho imparato a fare domande mirate e ascoltare le risposte.

Purtroppo, però, non è tutto qui! E qui viene il difficile.
Quello che riusciamo anche a fare durante l’ascolto della risposta è “estrapolare” l’esperienza motivazionale… per poi riproporla fedelmente nel contesto in cui la persona dovrà essere motivata.
Per fare un esempio, una delle cose a cui stiamo molto attenti è se la persona si motiva per raggiungere un premio,( tecnicamente la consideriamo orientata “ verso”) oppure se si motiva per evitare possibili conseguenze ( tecnicamente la consideriamo orientata “ via da” ).

Un classico esempio è il terzino che fa gli allenamenti perché vuole migliorare, mentre il centravanti li fa per non perdere il posto in squadra. Sarebbe inutile e poco motivante promettere al terzino la garanzia del posto in squadra, come dire al centravanti che allenandosi migliorerebbe ancora.
Perciò, basta chiedere, ascoltare e dopo aver capito come una persona vuole essere incoraggiata… incoraggiarla esattamente in quel modo.


A presto
Roland

Mentalmente forte

Tutti vorrebbero essere “mentalmente forti” anche se, molto spesso, piuttosto che chiedersi cosa si può fare per ottenere questo stato, la risposta che ci si dà è: ”…ma tanto, per questo, non c’è niente da fare”.

E siccome siamo umani, e come tali agiamo solo all’indirizzo dei nostri pensieri, ecco che se ci siamo dati una risposta del genere (… tanto non c’è niente da fare ) puntualmente accade che non facciamo niente per trovare ed ottenere quello che serve… e che, invece, è a nostra disposizione.

Questo concetto è molto semplice e addirittura scontato: “Quando si pensa che qualcosa deve pur esserci per risolvere un problema, allora si è mentalmente in grado di “vedere” ciò che serve per risolverlo. Ma se invece si pensa che non ci sia nulla da fare, allora si vedrà solo l’inutilità degli sforzi, e ci si lascerà scappare sotto il naso le opportunità che esistono per risolverlo”.

E’ il primo “modo di pensare” quello caratteristico di chi non si arrende di fronte alle avversità; e lo si riscontra – sempre - in quelle persone che vengono considerate “dotate di una mentalità vincente”.

Ma un mito ormai sfatato è che la mentalità vincente sia qualcosa di esclusivo ed innato. Nient’affatto! La mentalità vincente è qualcosa di acquisito (talvolta inconsciamente ) e tutti posso crearsela.
Ed è proprio a partire da questa conoscenza che, con i mezzi di cui dispone un mental trainer, a tutti è consentito di cambiare il proprio modo di pensare.

Capisco! sono argomenti un po’generici e talvolta appaiono scontati. Bene! Ciò significa che sono ben comprensibili. Infatti credo che sia meglio evitare tecnicismi…noiosi e inutili.

Come ho già accennato nell’articolo precedente, tutti gli sportivi possono imparare a controllare i propri stati emotivi, e organizzarsi per attingere a quelli più utili alla circostanza.
Dunque, si può decidere di essere “scarichi” di tensione negli spogliatoi ed essere “gasati” in campo… piuttosto che il contrario. Questi sono due esempi di stati emotivi presenti in ognuno di noi, utili se solo si presenteranno nelle giuste circostanze.

In pratica, una delle cose che insegniamo agli sportivi è la tecnica per riuscire a controllare e organizzare il proprio dialogo interiore, affinché questo gli consenta sempre di “accedere” agli stati emotivi potenzianti… che poi sono le risorse di cui tutti noi disponiamo.
Dunque, un semplice accorgimento per diventare “mentalmente forte” è quello di riorganizzare i contenuti del proprio dialogo interiore, affinché venga sempre consentito l’accesso al 100% delle proprie potenzialità.

Ci sono sempre più modi per dirsi la stessa cosa e saper scegliere il modo che stimola l’accesso alle risorse fa la differenza tra chi ottiene ciò che vuole e chi, invece, rinuncia.

Il Mental Trainer



Il pronostico si è avverato: erano anni che si sentiva dire che - prima o poi - l’interesse di tutte le società si sarebbe rivolto verso la figura del mental trainer.

Oggi infatti si dice: “ Non è più possibile trascurare un fattore importante come la condizione mentale e far sì che gli sforzi compiuti dai tecnici e dai preparatori fisici vengano vanificati dagli sbalzi d’umore…”

Già! Adesso nessuno può più permettersi di giocare al 50%, se vuole vincere, e nessuno ha più voglia di mettere in campo le proprie competenze… e vederle limitate da stati di deconcentrazione.

Adesso basta! Ciò che finora è mancato era la semplice consapevolezza che gli stati mentali fossero controllabili e – ancor più – programmabili;

Sto forse dicendo che gli sportivi possono imparare a controllare i loro stati emotivi ? Certo!… e non solo gli sportivi; ma dato che qui ci occupiamo di Sport, quello che ci interessa è capire come si possa applicare la conoscenza del mental trainer proprio in questo ambito.

Il Mental trainer si avvale di quello che oggi – in ambiente neurologico – è considerato il metodo più pratico ed efficace per produrre un cambiamento: La PROGRAMMAZIONE NEURO LINGUISTICA ( PNL )
Sono più di 35 anni che la PNL è stata scoperta e oggi è ormai consolidato… sia che funziona, sia che è il metodo più rapido per ottenere i risultati in questo campo.

Perché è conveniente che l’aspetto mentale delle prestazioni dei giocatori venga seguito da un mental trainer?
Perché bisognerebbe essere degli alieni per conosce a fondo tutti i metodi disponibili in tecniche di allenamento, tutti i metodi disponibili in strategie di gara, più tutti i metodi che consentono di curare l’aspetto mentale di chi si allena ( PNL ).

Conoscete qualcuno che possiede tutti questi ingredienti? Allora la mia domanda è: “ si può pretendere che qualcuno abbia tutte queste capacità?
Non vi sembra molto facile, vero? Già…non lo è. Infatti ci sono un sacco di cose da sapere su come si possa programmare la concentrazione di un atleta per renderla disponibile nel momento in cui serve… e questo bagaglio di conoscenza è ciò che il Mental Trainer studia per anni e poi porta con se quando deve aiutare qualcuno ad ottenere il massimo.

Talvolta per un allenatore è già abbastanza stressante occuparsi dell’aspetto tecnico e strategico, poiché, oltre a quello, deve anche considerare l’impegno di relazionare con i tifosi, con i dirigenti, con la squadra e con la stampa.

E se vi state anche chiedendo: “ come lavora il mental trainer in una società sportiva?”
Nelle società sportive il Mental trainer sta in disparte e opera solo quando l’allenatore o un dirigente o i giocatori gli si rivolgono presentando una situazione in cui è necessario migliorare dal punto di vista mentale.

Ecco quindi come questa rubrica può diventare un luogo di scoperta nel quale tutti possono conoscere quali sono gli strumenti che il mental trainer usa per fornire supporto.
Infatti, almeno una volta a settimana proporrò un articolo in cui parlerò degli accorgimenti che consentono, a chi li adotta, di fare la differenza.
Sarò lieto di rispondere anche alle domande – inerenti al ruolo ricoperto nella società - che mi verranno rivolte; in maniera tale da produrre articoli in linea con l’interesse di chi ci segue.

Alla prossima.
Roland DelVecchio